Astrazione prospettica
1925
olio su tavola
46×47
A distanza di qualche tempo dai suoi esordi romani, intorno alla metà degli anni Venti, Pannaggi realizza, per il salotto della casa maceratese della sorella Eura Pannaggi Benigni, la tavola Astrazione prospettica. Si tratta di una straordinaria prova che segna un nuovo orientamento delle ricerche dell’artista, in senso costruttivista, razionalista e neoplastico.
Colui che già tre anni prima aveva compreso la forza innovatrice di Pannaggi è Vinicio Paladini, firmatario del Manifesto dell’arte meccanica futurista, il quale in poche righe delinea il genio maceratese: “Egli è d’origine Marchigiana ma è libero completamente da quella scorza di provincialismo che distingue quasi tutti i pittori nati nelle piccole città sconosciute, ed anche spesso nelle grandi città conosciute ma provinciali, come Roma, ad esempio. La sua attività di ricostruttore ben presto si affermò nelle mostre di Roma, Praga, Berlino, Düsseldorf, Anversa e in altre di carattere moderno e internazionale, accanto ai nomi di Picasso, Léger, Kandinskij, Prampolini. Archipenko ecc. Le sue opere vennero discusse e ammirate all’estero come qui, nelle numerose mostre organizzate dall’infaticabile Marinetti”.
Sollecitato ad una profonda riflessione sulle tematiche suprematiste-costruttiviste anche dalla recente Biennale di Venezia (1924), in cui ha potuto apprezzare il padiglione dedicato all’arte russa, Pannaggi imposta tutta la composizione su una serie di piani e volumi colorati, che s’intersecano e si articolano nello spazio; una versione simile, ascrivibile agli anni Sessanta-Settanta, conosciuta con il titolo di Astrazione prospettica (fredda), è stata depositata dagli eredi nelle collezioni civiche maceratesi ubicate in Palazzo Buonaccorsi.
Ulteriore coeva conferma, anche se di calibro diverso, dell’impegno nell’ambito di quella che egli amava chiamare “architettura interna”, intesa come opera di configurazione plastica totale degli ambienti e del loro arredo, viene dalla committenza di casa Zampini a Esanatoglia (MC). L’illuminato industriale Erso Zampini (padre naturale dell’artista), infatti, decide di affidare all’estro creativo di Pannaggi la progettazione di alcuni spazi della sua residenza: l’anticamera, la camera da pranzo, la camera da letto e la purtroppo distrutta sala per le radioaudizioni.
Il risultato finale è quello di caratterizzare ogni ambiente secondo l’uso al quale era destinato, pertanto l’anticamera, oggi conservata a Palazzo Buonaccorsi, si articola su “un giuoco di puro valore geometrico, dettato dal carattere neutrale della camera nella quale tutti sono ammessi, e che ancora non accorda né amicizia né intimità”, al contrario della camera da letto che denota una prevalenza di forme arrotondate, linee curve e superfici cilindriche.