Ivo Pannaggi
Macerata 1901 – 1981
Maceratese illustre, figura di gran talento e personalità, Pannaggi si è cimentato in ogni campo dell’arte, dalla pittura alla scultura, dall’architettura alla scenografia, dalla fotografia alla grafica, al design. Vero e proprio uomo dell’avanguardia, dapprima futurista e poi troppo aperto alle sollecitazioni europee, introiettate e riproposte in modo del tutto personale, per essere definito attraverso un’etichetta. Profondamente convinto del fatto che l’arte non è un mestiere, ma un moto dell’animo, ha sempre rifiutato di vivere della sua arte preferendo un lavoro in fabbrica che gli permetteva di sottrarsi alle leggi del mercato e della critica.
La sua produzione non è particolarmente estesa a livello quantitativo e, soprattutto per quel che concerne la pittura, Pannaggi sceglie di realizzare pochi soggetti, ripresi e replicati ciclicamente: la replica ha una duplice valenza, di preservazione, ma anche di continua sfida con sé stesso.
Inizia nel 1917 come caricaturista per varie riviste.
Esordisce come pittore a Roma nella cerchia dei futuristi, nell’ambito della Casa d’Arte Bragaglia; nel 1922 organizza a Macerata la prima esposizione futurista nelle Marche, “un pugno in un occhio” per il pubblico borghese e provinciale a cui mostra le opere di Balla, Boccioni, Depero.
Sempre nel 1922 scrive, con Vinicio Paladini, il Manifesto dell’Arte Meccanica Futurista, un testo breve, conciso, che, pur rientrando in ottica futurista, si pone già come suo superamento, volto ad individuare valori estetici più attuali. Si esalta la macchina che per Pannaggi è l’emblema dell’energia creatrice attraverso cui realizzare la “ricostruzione futurista dell’universo” proposta da Balla e Depero nel 1915. Rispetto agli altri manifesti futuristi, quello meccanicista si apre anche all’impegno sociale: l’arte meccanica come sussidio alla creazione di forme utili.
Negli anni Venti si avvicina al Purismo europeo e poi al Costruttivismo delle avanguardie russe, sposa quindi la via dell’astrazione, ma un’astrazione che lui stesso definisce figurativa, nel senso che ogni forma astratta è raggiunta per fasi successive, la cui origine sta nel dato reale. La sua attenzione si concentra sulla plasticità delle forme e sui loro rapporti spaziali.
Dopo alcune esperienze nel campo della scenografia e dell’arredamento nel 1925/26, in particolare la ristrutturazione di Casa Zampini ad Esanatoglia e l’arredo della casa maceratese della sorella Eura Pannaggi Benigni, si interessa di fotografia e di fotomontaggi, inventando il Collage Postale. Nel 1927 si trasferisce a Berlino e nel 1932 si iscrive al Bauhaus.
Dal 1935 si trasferisce, per quarant’anni, in Norvegia dove continua a coltivare la sua arte, pur mantenendo stretti rapporti con l’Italia, anche attraverso la collaborazione con importanti riviste di settore, e dove svolge anche la professione di architetto, che in Italia gli era preclusa a causa del mancato conseguimento della laurea.
Nel 1971 torna definitivamente a Macerata e pubblica alcuni dei suoi numerosi scritti dai quali si evince la sua idea di artista: “l’artista non produce duplicati del mondo, né tanto meno presenta il suo arbitrio, ma il sorgere incerto del visibile allo stato nascente, cogliendo le cose nel momento stesso in cui prendono forma”.
Muore nel 1981.