La gola dell’Infernaccio (sul retro “ritratto di Rosa Catalini Andrenacci)

anni ’20
olio su tela
54×45

Il paesaggio per Licini non è un genere pittorico ma un atto conoscitivo della natura, nel 1926 torna dal soggiorno parigino e il paesaggio marchigiano diventa l’oggetto della sua meditazione. Egli si distacca dall’imperante rigore geometrico degli anni Venti facendo un paesaggio anti-classico, sceglie un luogo di natura selvaggia, riproposto con una pennellata violenta di vangoghiana memoria, le piccole figure umane in primo piano sono stilizzate, quasi degli spaventa-passeri. Si respira un’atmosfera di stupore, di provvisorietà.