Osvaldo Licini

Monte Vidon Corrado 1894 – 1958

Tra i marchigiani più illustri, Licini è poeta e pittore di straordinaria raffinatezza, spirito libero ed insofferente, ha sempre portato avanti una ricerca autonoma, aggiornata però alle principali tendenze europee.
Dal 1908 al 1912 frequenta l’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove stringe amicizia con Morandi e Pozzati (“i tre tortellini” come li definivano in virtù dei loro cappelli uguali), dal 1914 si avvicina ai futuristi fiorentini Papini e Soffici, pur non militando tra le fila del movimento; egli stesso definì questa sua prima fase artistica come “primitivismo fantastico”.
Nel 1917 un lungo soggiorno parigino lo tiene lontano dalle istanze novecentiste e da vita ad una produzione realista che trascende i contesti culturali e richiede allo spettatore un’adesione emotiva, i suoi maestri sono Cézanne, Van Gogh e Matisse.
Per tutti gli anni Venti lavora principalmente sul paesaggio, prima con le marine della Costa Azzurra, poi dopo il rientro da Parigi, nel 1926, con il natio paesaggio marchigiano, dove i colli, le torri, le pievi romaniche, le piccole case dei contadini, diventano emblemi di una vita spirituale.
Negli anni Trenta compie numerosi viaggi all’estero con la moglie, la pittrice svedese Nanny Hellstrom, ed inizia ad inserire nella sua pittura precedente elementi astratto simbolici in luogo di quelli naturalistici poiché afferma “la pittura è l’arte dei colori e delle forme liberamente concepite […] è un’arte irrazionale in cui predominano fantasia e immaginazione, cioè poesia”. Non è un caso che la sua produzione astratta sia stata accostata a quella di Paul Klee. La sua astrazione è poetica ed ironica.
Nel 1935 entra in contatto con il primo gruppo di astrattisti italiani riunitosi a Milano intorno alla Galleria Il Milione, e al contempo con il gruppo Abstraction-Création di Parigi.
Nel 1938 la sua fantasia spicca il volo verso un ulteriore superamento dell’astrazione, con opere sovrannaturali, metafore ironiche, erotiche, surreali ibridazioni di mani, volti ed occhi.
Negli Quaranta e Cinquanta ci si aspetterebbe da lui, sindaco comunista di Monte Vidon Corrado, opere veriste, invece ci troviamo di fronte ad un decennale silenzio, non espone, non parla, non pubblica nulla, sono anni di pura spiritualità per superare l’orrore della guerra.
In questo isolato silenzio Licini elabora le Amalassunte, gli Angeli, i Notturni e i Fiori fantastici, opere difficili da datare, perché non rispondono ad un tempo storico ma solo ad uno poetico. A Monte Vidon Corrado, dove tutto è ancora dominato da ritmi secolari, la storia è altrove.
Licini invoca il proprio diritto ad una peregrinazione anarchica dello spirito, è costantemente aggiornato e inserito nelle innovazioni e nelle polemiche del mondo artistico, senza che questo riesca ad intaccare il suo spirito, la sua pittura, la sua poesia.
Muore nel 1958.