Il mito di Teseo

1945 c.
olio su tavola
95×94

Alla mano dell’artista modenese appartengono le due tavole, di soggetto mitologico, realizzate negli anni della maturità stilistica.
La sua lunga attività creativa, che si sviluppa in un costante dialogo internazionale, lo vede protagonista in qualità di pittore, scultore (raramente), architetto, progettista d’arredo e d’oggettistica, scenografo, illustratore e grafico pubblicitario, teorico delle arti plastiche, dell’architettura e del teatro, ed infine critico d’arte e pubblicista.
Le opere in questione si inseriscono, anche se in epoca tarda, nell’ambito della serie di realizzazioni ambientali su committenza privata, come nel caso delle decorazioni eseguite per casa Manheimer (1928) o dei pannelli dipinti per il boudoir di casa Baos (1929), entrambe realizzate in ambito parigino.
Esse fanno parte, come attestato altresì dal nipote Massimo Prampolini, del ciclo decorativo eseguito a Roma per casa Robilant nel 1945 c., ispirato agli eroi e alle divinità della mitologia greca.
Il percorso narrativo si snoda negli ambienti attraverso le raffigurazioni di Giove, dei Dioscuri, di Leda e il cigno, di Dioniso e le Baccanti sino ad arrivare a Narciso. Dal gomitolo nelle mani di Arianna si dipana il filo, vero leitmotiv della narrazione, che in origine andava a costituire il labirinto entro cui, possente, si stagliava il Minotauro.
Elemento di unione dei due protagonisti, oltre al filo che li collega l’uno con l’altro, è anche l’ombra che dalla figura dell’ateniese si estende sino a lambire la finestra-cornice da cui si affaccia Arianna.
Prampolini attualizza il tema mitologico in funzione scenografica e, meditando sulla lezione picassiana dell’epoca di Guernica, innesca un processo di deformazione espressiva del soggetto.
L’artista infatti deforma e sospende le figure nello spazio, abbozzandole attraverso schizzi e tratti sintetici che sembrano riportare alla mente echi surrealisti, servendosi peraltro di tutte le potenzialità decorative del colore e del segno.