Enrico Prampolini

Modena 1894 – Roma 1956

Prampolini è il tipico esempio d’intellettuale a tutto tondo.
Rivela precocemente un forte spirito polemico, nel 1913, viene espulso dall’Accademia di Belle Arti di Roma, a cui si era iscritto l’anno precedente, per aver pubblicato un manifesto antiaccademico. Subito dopo inizia a frequentare lo studio di Balla e aderisce al Futurismo.
La sua ricerca è estremamente sperimentale. Egli si distingue, sin dalla prima mostra a cui partecipa, quella alla Galleria Sprovieri di Roma del 1914, per una forte attenzione alla composizione, che vira verso l’astrazione, e alla materia, che entra nel quadro, ad esempio attraverso il collage, creando dei rapporti con gli elementi stessi della composizione.
Negli anni bellici porta avanti un’analisi dei rapporti tra musica, movimento e forma, come aveva espresso nel manifesto Cromofonia del 1913.
Nel periodo tra le due guerre assume una posizione originale in seno al Futurismo, declinando la sua ricerca in relazione alle avanguardie artistiche con cui entra in rapporto, e svolgendo anche un’intensa attività di divulgazione dei maggiori movimenti europei attraverso le riviste.
Nel 1916 entra in contatto ed espone con il gruppo Dada, inizia inoltre l’attività di scenografo e costumista per il cinema e il teatro.
Nel 1917 conosce Picasso, giunto a Roma al seguito dei Balletti Russi, mentre il 1919 è la volta del Bauhaus.
Nel 1923 rimaneggia e pubblica il Manifesto dell’Arte Meccanica scritto da Pannaggi e Paladini.
Nel 1925, dopo un gran numero di personali in Europa e negli Stati Uniti è chiamato come commissario alla Biennale di Venezia, poco dopo è premiato a Parigi all’Esposizione Internazionale delle Arti Decorative.
Dal 1925 al 1937 soggiorna a Parigi ed entra in contatto con il Surrealismo reinterpretandolo in un’ottica “biomorfica” che combina forme naturali e non figurative.
Nel 1929 firma il Manifesto dell’Aeropittura intesa in senso lirico.
Nel 1933 si cimenta con la pittura murale alla Triennale di Milano.
Sempre a Parigi, negli anni Trenta, conosce Mondrian e collabora con il gruppo Abstraction-Création.
Negli anni bellici propone uno stile eclettico in cui confluiscono gli interessi per il razionalismo geometrico degli anni Venti, combinati agli esiti figurativi del Picasso post-cubista, visibili nel ciclo delle Cassandre e dei soggetti mitologici.
Nel 1945 è tra i fondatori dell’Art Club, un’organizzazione volta alla promozione di un’arte contemporanea indipendente, in Italia e nel mondo. Sceglie definitivamente la via dell’astrazione, sulla scorta delle avanguardie russe e olandesi dei decenni precedenti. È vicino al gruppo romano Forma 1, anche se non vi aderisce. Nella produzione di questi anni sono riscontrabili anche tendenze informali.
Negli anni Cinquanta è tra le personalità artistiche più influenti nel panorama italiano, instancabile divulgatore, promotore di eventi, artista di rilievo, dal 1955 anche professore di Scenografia a Brera.
Muore nel 1956.