Ottone Rosai
Firenze 1895 – Ivrea 1957
Figura profondamente malinconica e solitaria Rosai vive la pittura come un impegno totalizzante, quasi religioso, l’arte è l’unico scopo della sua esistenza. Dopo una formazione artigianale, per seguire le orme paterne, nell’ambito della lavorazione del legno, Rosai s’iscrive all’Accademia di Belle Arti di Firenze, abbandonata nel 1913 per disprezzo della cultura accademica e della società borghese che lo circondava. Nel 1913 conosce Boccioni, Carrà, Severini e Soffici, ed inizierà ad esporre con i futuristi, pur mantenendo uno stile del tutto personale, su cui si innesta l’influsso di Cézanne e di Picasso, conosciuti grazie alla mediazione dell’amico Soffici. Partecipa alla Grande Guerra come volontario, rimanendo profondamente segnato da questa esperienza. Il suicidio del padre, nel 1922, lo costringe a sobbarcarsi dell’attività di famiglia, gravata da ingenti debiti. Negli anni Venti rivive nella sua pittura la grande tradizione toscana medievale e rinascimentale, si tratta di una sorta di evoluzione plastica dalle forme cubo-futuriste, verso una forma solida e semplificata che esprime il dramma umano: nasce in questi anni la poetica degli omini, un vero e proprio campionario umano del mondo che lo circonda, quello del popolo, delle bettole e degli artisti, immersi in una Firenze minore, nascosta, lontana dalla sua immagine tradizionale. La sua opera ottiene ancora pochi riconoscimenti, anche se non mancano le occasioni per esporre in tutta Italia. Nel 1931 la sua insoddisfazione esplode, abbandona la famiglia, la falegnameria e si ritira a Villamagna, dove nonostante le gravi difficoltà economiche vive una certa serenità, nel suo piccolo mondo ritirato fatto di sale da gioco, caffè e di arte, e dove non deve sottostare allo sguardo di disprezzo dei benpensanti, contro la sua omosessualità. La sua pittura si fa più lirica e luminosa, anche se i soggetti sono sempre gli stessi, egli lavora sulla struttura profonda dell’immagine. Dal 1942 insegna Pittura all’Accademia di Firenze e negli anni Cinquanta iniziano i riconoscimenti, sia a livello nazionale che internazionale, con esposizioni a New York, Parigi e Londra. Muore nel 1957 ad Ivrea, dove si era recato in occasione dell’inaugurazione di una importante retrospettiva a lui dedicata.