Giorgio De Chirico

Vólos 1888 – Roma 1978

Tra i più celebri artisti italiani, pittore, scrittore, animatore di accese polemiche, Giorgio de Chirico è, senza dubbio, protagonista indiscusso del Novecento.
Nasce in Grecia, da una famiglia di origini siciliane, e intraprende giovanissimo gli studi di disegno e pittura ad Atene. Morto il padre, si trasferisce, nel 1906, in Italia, con la madre e il fratello (l’artista Alberto Savinio).
Dal 1907 studia all’Accademia di Belle Arti di Monaco e conosce l’opera di cultura tardoromantica e simbolista, nutrita di soggetti classici, di Böcklin, artista fondamentale nell’elaborazione della pittura metafisica; il pensiero filosofico di Schopenhauer e Nietzsche, rimanendo profondamente affascinato dalla possibilità di evocare il mistero che sta oltre il velo che avvolge la realtà.
Torna in Italia nel 1909 e decide di stabilirsi a Firenze, dove dipinge il primo quadro metafisico, Enigma di un pomeriggio d’autunno.
Dal 1911 al 1915 è a Parigi, dove conosce Apollinaire, Picasso, Braque, Brancusi, Chagall, Modigliani, e si inserisce nel clima e nel circuito artistico francese, mantenendosi tuttavia volontariamente estraneo al linguaggio delle avanguardie.
Nel 1915, pur mantenendo i rapporti con Parigi, specie con l’ambiente Dada, si arruola con il fratello Alberto ed entrambi vengono trasferiti a Ferrara dove conoscono Carrà, De Pisis, influenzandone il lavoro, si crea così una corrente metafisica. Sono gli anni delle piazze solitarie e dei manichini.
La Metafisica, nel primo dopoguerra si profila in Italia come una delle proposte più originali alternative al Futurismo, che introduce allo spirito Dada e al Surrealismo, ma anche al clima di ritorno all’ordine degli anni Venti. L’arte, attraverso lo straniamento dello spettatore, dato dall’accostamento inusuale di oggetti perfettamente riconoscibili, e da una costruzione prospettica solo apparentemente corretta, rivela il senso ultimo delle cose, ossia l’enigma, il mistero, l’indicibile. Da questo momento de Chirico inizia ad essere considerato un punto di riferimento anche in ambito europeo.
Nel 1918 si trasferisce a Roma ed inizia a collaborare con la rivista «Valori Plastici», propone opere che si allontanano dalla sua produzione precedente e sono sempre più archeologizzanti, innesca inoltre una forte polemica con i Surrealisti, che si concluderà con una totale rottura nel 1929. In questi anni escono anche molti scritti critici e opere letterarie di de Chirico, di area ancora surrealista.
Nel 1926 va a New York, dove tiene una personale e gli viene dedicata una monografia.
La pittura degli anni Trenta è caratterizzata da un periodo baroccheggiante, incentrato sui valori luministici e su un tratto morbido e veloce che guarda a Rubens. Nel corso del decennio realizza molte opere cariche di riferimenti a soggetti mitologici e a luoghi simbolo della grecità: nel mondo classico egli non ricerca soltanto le radici della cultura occidentale, bensì le proprie, in un continuo rimando tra mito e citazione autobiografica.
Il decennio precedente alla Seconda Guerra Mondiale è particolarmente fecondo, de Chirico è attivo in Italia, Francia e Stati Uniti, non solo nel campo della pittura, ma anche delle riviste, della critica e della scenografia, collabora con D’Annunzio e Pirandello.
Negli anni Quaranta e Cinquanta propone spesso temi religiosi, soggetti fantastici, scene di caccia, cavalieri e nudi, con una tecnica che rimanda alla grande pittura del Cinquecento e del Seicento. Questa sua produzione viene molto criticata, mentre riscuotono straordinario successo di critica e di mercato le opere metafisiche, incomincia così a riprodurre copie di queste opere. L’evento suscita un’interminabile polemica, specie con Emilio Vedova, sull’autenticità delle sue opere, molte delle quali egli sostiene essere dei falsi.
Nel 1950 decide con altri pittori realisti di proporre una “Antibiennale” di tono antimodernista.
Continua a lavorare ad opere d’impianto seicentesco, con nature morte su fondi rossi, oggetti d’argento e tendaggi, con citazioni da museo o dalle sue stesse opere.
Dalla fine degli anni Sessanta, si assiste ad una progressiva semplificazione del segno, anche la materia pittorica è ridotta. Continua la sua feroce critica all’arte contemporanea.
Muore nel 1978 a Roma, dove si era trasferito sin dal 1944, dopo aver ricevuto le massime onorificenze artistiche nazionali ed internazionali.