Testa di aviatore n. 2
1940
matita su carta
17×12
Dalle sagome eteree di Oasi alla “poetica del particolare”, come la definisce Paola Ballesi, ovvero il momento in cui Tano, nonostante l’acuirsi della malattia, orienta la sua ricerca nel campo del disegno.
Sei sono gli esemplari presenti nella raccolta di Palazzo Ricci che attestano il talento dell’artista padovano, nei quali, malgrado le dimensioni piuttosto esigue, il tratto esprime una vena più intimista e privata.
La produzione dei disegni di Tano può essere circoscritta agli ultimi anni della sua esistenza, contrassegnati da lunghe degenze ospedaliere. In essi il segno si muove liberamente sul foglio, dal quale emergono ora le fattezze di figure maschili ora i profili di suggestivi paesaggi.
Nell’Urlo, ad esempio, forse simulazione grafica dello stato d’animo dell’artista malato, il volto del protagonista viene trasfigurato e manifesta una forte carica drammatica ed espressionistica, palesando nel tratto echi scipioneschi.
Nel caso della Testa di aviatore, invece, si tratta con molta probabilità di uno dei disegni preparatori per la realizzazione del suo autoritratto.
Anche nel disegno dunque emerge quello che, qualche anno prima, aveva individuato il grande amico Umberto Peschi, ovvero la capacità di Tano di “esprimersi artisticamente ad altissimi livelli”.