Natura morta con fruttiera e colomba

1914
tempera su intonaco riportato su masonite
109×132

Delle tre opere eseguite da Ardengo Soffici presenti nella raccolta di Palazzo Ricci certamente questa è quella più interessante, in quanto condensa in essa le esperienze internazionali dell’artista.
Il pittore toscano, infatti, è uno dei primissimi esponenti dell’arte italiana a frequentare la capitale francese, sin dal 1899, restandovi fino al 1907, e ritornandovi a più riprese anche negli anni seguenti. Parigi, dunque, è per Soffici occasione di incontro con i maggiori protagonisti del panorama artistico e letterario d’Oltralpe e la sua produzione, tanto di pittore quanto di scrittore, ne è un’autorevole testimonianza.
Da poco rientrato in Italia, dopo un altro dei suoi soggiorni parigini, Soffici realizza, nell’estate del 1914, il ciclo decorativo della Sala dei manichini per la casa di Bulciano (Arezzo) dell’amico e letterato Giovanni Papini, con il quale l’anno precedente aveva fondato la rivista «Lacerba».
Come lo stesso Soffici testimonia nel volume autobiografico Fine di un mondo: “sottoposi allora a Papini l’idea che m’era venuta di un ben più importante lavoro. C’era in quella sua casa, poc’anzi fabbricata, un salotto grande, arioso, comunalmente tinteggiato di bigio, e perciò d’aspetto alquanto uggioso: se voleva glielo avrei dipinto tutto di figure e scene a modo mio. […] Buttai giù dunque qualche schizzo, […] ritagliai nella carta di vecchi giornali una maniera di stampini per facilitarmi la campitura di certe parti del corpo umano, stemperai tinte con acqua e colla a guisa di guazzo; e con l’aiuto delle due bambine dell’amico, Viola e Gioconda, felicissime di far quella parte da garzone di pittore, mi misi all’opera. Coprii il primo muro delle immaginate figure di uomini, donne, animali, piante, secondo il carattere, le forme, lo stile, il colore della mia più recente pittura; copersi la seconda parete di nudi danzanti, un po’ come si vede nelle raffigurazioni sacre e nei vasi greci ed etruschi; copersi la terza di bagnanti, femmine e maschi, in piedi asciugandosi, o sdraiati fra l’erba e i fiori della riva. Nei pannelli che restavano, allato alle finestre, dipinsi nell’uno, una danzatrice sola agitante un velo giallo; nell’altro una giovane donna seduta accanto a un banchetto di fruttaiola: e così tutta la stanza fu a posto. L’insieme del lavoro si porgeva audace, ma originale e interessante”.
L’intero apparato decorativo successivamente è stato strappato dal sito originale e riportato su singoli pannelli; uno di questi fin dal 1982 è entrato a far parte della collezione della Fondazione Carima.
Dalla natura morta esposta, come dal resto dei temi proposti da Soffici, appare evidente in particolare il richiamo alle Demoiselles d’Avignon di Picasso, che l’artista ha visto nell’atelier parigino dell’amico spagnolo, e alle più recenti conquiste elaborate dal Cubismo.
Soffici coniuga magistralmente, pur nello spirito di audace allegria, di libertà vitalistica e gioiosa del divertissement futurista, la più raffinata cultura d’avanguardia con le radici popolari e locali del suo universo toscano.