La nascita

1947
olio su tela
127,5×86

In apertura al catalogo dell’antologica dedicata a Corrado Cagli, nel 2006 presso la Mole Vanvitelliana di Ancona, il curatore Fabio Benzi riferendosi all’artista parla di “cosmo Cagli”.
Nel caso di Cagli, infatti, si può giustamente parlare di “cosmo”, vista la vastità e l’eterogeneità della sua produzione, della quale l’esposizione anconetana ha fatto un’attenta disamina. Pittura, scultura, disegno, illustrazione, ceramica e teatro, queste le specialità con cui l’artista si confronta, oltre ad essere anche teorico-critico e caposcuola per molti dei suoi contemporanei.
In tenera età si trasferisce a Roma dove, dopo gli studi classici, frequenta l’Accademia di Belle Arti. L’esordio avviene intorno agli anni Venti, principalmente nel campo dell’illustrazione e della ceramica, cui fanno seguito le prime prove nell’ambito della decorazione parietale.
Il percorso artistico e personale di Cagli è contrassegnato dalla conoscenza e dalla costante amicizia con il letterato Massimo Bontempelli, marito della zia materna, con il quale avrà uno scambio dialettico continuo, determinante per la messa a punto del concetto di “primordio”. Egli ricorda: “Da ragazzo, Bontempelli è stato per me quello che Erasmo da Rotterdam è stato per Holbein giovane, un essere luminoso, di un’intelligenza superiore”.
All’avvio del terzo decennio del secolo scorso, può essere ricondotto l’inizio della sua attività pittorica, che risente tanto dell’amicizia di Capogrossi, Pirandello e Cavalli, quanto della temperie della Scuola Romana.
Cagli in questo periodo si dimostra pittore geniale e brillante, i successi delle esposizioni si susseguono, come pure il favore della critica contemporanea; alla fine del 1938 ciò nonostante deve lasciare l’Italia e l’esilio sembra l’unica via per sfuggire alle vigenti leggi razziali.
La prima tappa è Parigi nel biennio 1938-1939, poi si sposta alla volta di New York, dove resta sino al 1947, anno in cui ritorna a Roma.
Il 1947 è anche l’anno in cui Cagli realizza la tela Nascita, importante testimonianza del ciclo “neometafisico” e preludio alla coeva svolta astratta che si protrarrà negli anni successivi. In essa l’artista sembra voler recuperare la matrice metafisica, nell’accezione di riflessione sullo spazio, in aggiunta agli stilemi desunti dall’arte di Arshile Gorky, Antoine Pevsner e Naum Gabo.
Il rientro nella Capitale coincide inoltre con la personale presso lo Studio d’Arte Palma, nella quale viene presentato un nuovo ciclo di opere, comprendente anche la tela in esame. Lo zio acquisito Bontempelli, nella presentazione del catalogo, le introduce parlando di “Roteamenti di spazi ellittici, intervento lontano di qualche pallida sfera, intersecarsi di nature lineari entro nature corpose; pance di mandòle, toppe di serrature […] Cogli un muoversi di disco che forse contiene in sé una memoria della ruota. Ma dominante è la linea dell’uovo. E disco, uovo, ellissi, sfera, tutti improvvisamente trafitti da un raggio d’acciaio […]”.
Un’analoga versione del dipinto, difforme nelle dimensioni e in minima parte nella cromia e nei chiaroscuri, è stata esposta nella mostra anconetana curata da Benzi; forse nel nostro caso si tratta di un primo studio di tale soggetto o più semplicemente di una reiterazione.