Massimo Campigli (Max Ihlenfeld)

Berlino 1895 – Saint-Tropez 1971

Tedesco di nascita, italiano d’adozione, egizio, etrusco e mediterraneo per elezione, Campigli è stato uno degli artisti più originali del secolo.
Nasce a Berlino ma vive fin da bambino a Firenze, con la nonna e la zia, ignorando fino all’età di quindici anni che quest’ultima è in realtà sua madre.
Dal 1909 è a Milano, dove nel 1914 si avvicina all’ambiente futurista, stringendo amicizia con Carrà e Boccioni.
Sempre in questi anni chiede la cittadinanza italiana e sceglie lo pseudonimo Massimo Campigli per italianizzare il suo nome, nel 1915 si arruola e viene fatto prigioniero, riesce a tornare a Milano solo nel 1917, dopo una rocambolesca fuga attraverso l’Europa.
Inviato del «Corriere della Sera», deve trasferirsi a Parigi per lavoro nel 1919, qui conosce Picasso e decide di dedicarsi alla pittura, con opere che risentono del lessico cubista e delle suggestioni delle culture tribali, dell’arte egizia e primitiva.
Dal 1926 intesse rapporti col gruppo sarfattiano del Novecento e al contempo frequenta gli italiani a Parigi, Tozzi, Severini, De Pisis, De Chirico, aderendo all’iniziativa di Tozzi di promozione dell’arte italiana.
Nel 1928, durante un soggiorno a Roma, visita il Museo di Villa Giulia e rimane folgorato dall’arte etrusca, quest’esperienza comporta un radicale cambiamento nella sua tecnica pittorica, con tele che imitano l’affresco. Nel 1933 firma il Manifesto della Pittura Murale con Carrà, Sironi e Funi, realizza importanti opere di committenza pubblica in Italia e all’estero.
La matericità dell’opera è una componente essenziale nella sua produzione artistica, accanto alle opere murali, anche le tele sono preparate come se fossero intonaci, la sua scelta non è dettata soltanto dall’aspetto, che imita il muralismo, ma da una volontà di una sentita ed originale ripresa dell’antico. Le statuine etrusche fortemente geometrizzate, che popolano i suoi quadri, sono il pretesto per creare figure archetipiche, iconiche, eterni simboli della femminilità.
Nel 1935 vive per un breve periodo a New York, dove ottiene grande successo specie come ritrattista.
Durante la guerra vive tra Milano e Venezia e si occupa anche di litografia.
Dal 1949 torna definitivamente a Parigi con frequenti viaggi in tutto il mondo, dove ormai le sue opere vengono regolarmente esposte nelle rassegne più importanti.
Tutta l’opera di Campigli può essere letta come una lunga meditazione sull’enigma della figura femminile, la scoperta che la zia era in realtà sua madre segna profondamente la sua psiche, ciò si riflette nel suo mondo popolato di figure immobili, distanti, icone della dea madre.
Vive i suoi ultimi anni tra Roma e Saint Tropez, dove muore nel 1971.