Luigi Bartolini
Cupramontana 1892 – Roma 1963
Tra i maggiori incisori italiani del Novecento il marchigiano Bartolini è un personaggio complesso caratterizzato da folgoranti passioni e accese ire.
Si forma all’Accademia di Roma e poi a Firenze, nel 1913-1914 anni a cui risalgono le prime acqueforti e lo studio delle incisioni di Rembrandt, Goya, Signorini e Fattori, da cui acquisisce un segno fluido ma accuratissimo.
Dal 1914 è a Macerata e si innamora del paesaggio marchigiano, che diventa protagonista delle sue incisioni. In questi anni inizia anche a dipingere e a scrivere versi e nel dopo guerra ad insegnare, prima a Macerata, poi in varie città d’Italia.
Nel 1921 a Pola conosce Kokoschka.
Le incisioni degli anni Venti, pubblicate sulle più importati riviste artistico-letterarie italiane, su cui svolge anche l’attività di critico e polemista, sono liriche, in esse traspare un’estatica contemplazione della natura, sono opere estranee al clima novecentista, espressioni del suo mondo interiore.
Nel 1928 espone per la prima volta alla Biennale di Venezia.
Negli anni Trenta partecipa a numerose mostre, soprattutto di grafica, in cui ottiene anche diversi riconoscimenti, inizia a pubblicare alcuni libri di stampe. Le sue incisioni non saranno più disegnate dal vero ma affioreranno al suo immaginario come sogni sfocati, carichi di nostalgia.
Nel 1933 viene arrestato per opposizione al Regime e mandato al confino, prima in Campania e poi, fino al 1938, a Merano, dove conosce la sua musa Anna Pickler.
Continua comunque ad esporre e nel 1935 ottiene il “Primo Premio per l’Acquaforte” alla II Quadriennale di Roma.
Dal 1938 è a Roma e lavora al Museo Artistico Industriale fino al 1961, sempre in quest’anno pubblica un saggio su Modigliani.
Nel 1942 ottiene una sala personale alla Biennale veneziana e vince il “Gran Premio per l’Incisione”, le mostre si susseguono in tutta Italia e quasi ogni anno pubblica, presso le maggiori case editrici, libri di incisioni, versi, racconti o monografie d’arte.
Nel 1946 pubblica il romanzo Ladri di biciclette, tradotto in molte lingue, da cui Zavattini trarrà l’omonimo film con Vittorio De Sica.
Dal 1947 si interessa maggiormente di pittura, sia come artista che come critico, sostenendo le ragioni poetiche del suo lavoro in contrasto con i vari movimenti d’arte contemporanea, egli porta avanti un tipo di pittura espressionista, che risente della produzione europea, ma soprattutto che è ricca di potenzialità comunicative, pone l’accento sul rapporto con lo spettatore, esplicitato nel ricorso ad un forte pathos espressivo.
Espone alle principali rassegne europee e prosegue inesausta l’attività di scrittore.
Nel 1956 a Macerata vince il “Premio Scipione”.
Muore nel 1963.