Giorgio Morandi

Bologna 1890 – 1964

Morandi dimostra sin da bambino un precoce talento per la pittura che lo porta nel 1907 ad iscriversi all’Accademia di Belle Arti di Bologna, qui stringe amicizia con Licini e Pozzati e, in seguito, con il più giovane Tozzi.
Negli anni accademici ha vivaci contrasti con i professori, di cui contesta la cultura tradizionale, inoltre, parallelamente alla pittura, inizia a dedicarsi alle tecniche incisorie.
In questo periodo conosce quelli che saranno i referenti fondamentali di tutta la sua produzione artistica: l’opera di Cézanne, nelle riproduzioni del testo di Pica sull’Impressionismo, il Doganiere Rousseau, Picasso e Derain grazie agli articoli di Soffici su «La Voce», e poi la grande tradizione italiana da Giotto a Masaccio, a Paolo Uccello grazie ad un viaggio studio a Firenze.
Nel 1913 si reca per la prima volta a Grizzana, luogo simbolo della sua pittura.
Nel 1914 espone per la prima volta in una collettiva di giovani artisti all’Hotel Baglioni di Bologna, in queste opere si nota soprattutto l’influsso di Cézanne.
Negli anni pre-bellici, con Licini si avvicina al Futurismo, partecipando a serate e mostre, anche se la sua ricerca rimane sostanzialmente indipendente. Espone anche alla mostra della Secessione romana nel cui catalogo vede l’opera di Matisse.
Nel 1918, vede su una rivista le opere metafisiche di De Chirico e Carrà, che echeggiano per un breve periodo nella sua opera. Nello stesso anno inizia una collaborazione con la rivista di Mario Broglio «Valori Plastici», le sue forme acquistano plasticità, inizia a posizionare sul tavolo quegli oggetti quotidiani che caratterizzeranno le sue nature morte. Broglio lo include nelle mostre italiane ed estere organizzate dalla rivista.
La Biennale di Venezia del 1920 presenta una grande retrospettiva su Cézanne, in questa occasione Morandi compie uno dei suoi rarissimi viaggi, per poterne studiare le opere dal vivo.
Dal 1924 collabora con Mino Maccari alla rivista «Il Selvaggio», entrando marginalmente nella polemica tra “Stracittà” e “Strapaese”, in favore di quest’ultima tendenza.
Dal 1926 partecipa a molte mostre del gruppo Novecento, nonostante la sua scelta di non spostarsi da Bologna, le sue opere vengono esposte in tutto il mondo.
Nel 1930, dopo avere insegnato a lungo nelle scuole comunali ottiene per ‘chiara fama’ la cattedra di Tecniche dell’Incisione all’Accademia di Belle Arti di Bologna.
Dagli anni Trenta è una presenza costante, con dipinti e acqueforti, alle Biennali veneziane e alle Quadriennali romane.
Negli anni bellici si ritira a Grizzana, nell’isolamento egli da libero corso alla sua immaginazione e alla contemplazione, reagisce all’orrore della guerra con opere in cui gli elementi della vita quotidiana, che popolano i suoi quadri, sono sottratti allo scorrere del tempo, in questo processo gioca un ruolo fondamentale la luce, le sue nature morte toccano in profondità le corde dell’anima.
I soggetti sono quelli tipici di tutta la sua produzione nature morte, fiori, paesaggi.
Nel dopoguerra si susseguono le mostre internazionali ed i riconoscimenti, negli Stati Uniti, in Inghilterra, in Francia e in Brasile.
In questo periodo ritorna alla tecnica dell’acquerello, abbandonata negli anni giovanili, con risultati di grande lirismo.
Nel 1956 compie il suo unico viaggio all’estero, a Zurigo, per vedere l’antologica dedicata all’amato Cézanne.
Internazionalmente riconosciuto tra i maestri del Novecento, muore nel 1964.
Nel 1993 la città di Bologna ha aperto il Museo Morandi in cui è stato ricostruito lo studio di Grizzana, esattamente come è stato trovato al momento della morte del pittore.