Gino Severini
Cortona 1883 – Parigi 1966
Giunto a Roma nel 1899, inizia a frequentare la Libera Scuola di Nudo dell’Accademia, dove conosce Boccioni, con cui condivide l’interesse per le tematiche sociali e per la pittura divisionista. Entrambi frequentano lo studio del più anziano Balla e la Società degli Amatori e Cultori delle Belle Arti. Nel 1905 i due artisti organizzano al Teatro Costanzi la “Mostra dei Rifiutati”, in polemica con la Società degli Amatori che aveva escluso le loro opere.
Nel 1906 si trasferisce a Parigi, legandosi agli ambienti artistici più innovativi, entra a far parte della cerchia di Picasso, Modigliani, Braque riunita a Montmatre e pratica una pittura post impressionista sul modello di Seurat.
Instaura un rapporto problematico con il Futurismo, pur aderendo al movimento infatti, lo interpreta in maniera originale, innestandovi influssi francesi di matrice cubista.
Nel 1912 funge da testa di ponte per l’ingresso dei futuristi nel circuito parigino.
Negli anni bellici si interessa alla possibilità di comporre il quadro in maniera scientifica, dando vita, nel dopoguerra, ad opere dall’impianto estremamente rigoroso, geometrico e razionale, improntate ai valori del ritorno all’ordine, con soggetti provenienti dalla commedia dell’arte (Arlecchino, Pulcinella).
Parallelamente porta avanti l’attività di critico sulla rivista «Valori Plastici».
Partecipa nel 1926 alla mostra del gruppo Novecento senza però rinnegare la lezione cubista.
Dal 1924 al 1928 realizza affreschi e mosaici in numerose chiese francesi.
Nel 1928 torna a Roma, i cui monumenti classici cominciano ad apparire nelle sue opere, questa ricerca “archeologizzante” lo avvicina alle ricerche di Campigli e Tozzi, aderisce con loro all’associazione Les Artistes Italiens de Paris, volta alla promozione di un’arte mediterranea.
I primi anni Trenta vedono un interesse per l’illustrazione specie dei testi poetici di Paul Fort e Valery.
Negli anni Quaranta si occupa di scenografie per il Maggio Musicale Fiorentino e per il Teatro La Fenice di Venezia, in cui ripropone la tradizione della commedia dell’arte, accompagnata da flash-back cubisti e futuristi.
Anche nelle opere pittoriche mescola gli elementi delle avanguardie al fine didattico di fornire ai giovani artisti le basi per elaborare un linguaggio veramente nuovo, come spiega nei suoi numerosi scritti critici.
Negli anni Cinquanta esegue grandi cicli decorativi come quello per la sede dell’Alitalia di Roma.
Muore nel 1966.