Felice Casorati

Novara 1883 – Torino 1963

Figura difficilmente inquadrabile nelle correnti artistiche tradizionali, Casorati ha sempre ribadito l’autonomia del suo percorso, sensibile alla modernità ma lontano dalle avanguardie.
Appassionato di musica, si avvicina alla pittura dopo un forte esaurimento nervoso sopravvenuto per troppo studio. La pittura fu dapprima uno svago e poi dal 1906, dopo la laurea in Giurisprudenza, una scelta di vita.
Nel 1907 fu ammesso con un ritratto della sorella alla Biennale di Venezia.
Nel 1908 il padre, ufficiale di carriera, porta la famiglia a Napoli, dove studia le opere di Brueghel il Vecchio, e inizia a dipingere secondo la tradizione ottocentesca.
Stanco del troppo pittoresco ambiente napoletano, si trasferisce a Verona e tramite il circuito delle biennali veneziane entra in contatto con i Dissidenti di Cà Pesaro (Gino Rossi, Pio Semeghini e Arturo Martini), e si avvicina all’opera di Klimt e all’area simbolista e secessionista. In quegli anni fonda anche una rivista «La Via Lattea» alla quale collabora con illustrazioni in stile Liberty. Conosce anche Boccioni ma il Futurismo non lo entusiasma.
Nel 1917 si trasferisce a Torino, sua città d’elezione, diviene ben presto una figura centrale nel panorama culturale cittadino, grazie anche all’amicizia con Piero Gobetti, che però, nel 1923, gli costa l’arresto: da quel momento in avanti, eviterà ogni tipo di contrasto con il regime fascista.
Partecipe del generale clima di ritorno all’ordine, Casorati elabora dapprima una produzione metafisica, poi si avvicina al gruppo Novecento, al dettaglio decorativo si sostituisce la forma essenziale e geometrizzata, immersa in un’atmosfera immobile e fredda, influenzata dal Quattrocento italiano ma anche da Cézanne, conosciuto in una retrospettiva alla Biennale veneziana del 1920.
Nel 1923 apre a Torino una scuola per giovani artisti frequentata da Carlo Levi, Menzio e altri che poi fonderanno il Gruppo dei Sei.
Nel 1925 fonda la Società di Belle Arti per promuovere la pittura, italiana e non, dell’Ottocento e contemporanea. S’interessa inoltre al design d’interni, incoraggiato dall’amico industriale Riccardo Gualino, per cui realizza il teatrino della sua casa.
Nel 1928 insegna Arredamento all’Accademia Albertina, negli anni Trenta inizia ad interessarsi anche di scenografia.
La sua pittura si fa più intimista e continua ad essere popolata da silenziose figure femminili e oggetti simbolici.
Apre uno studio con l’amico Paulucci, che nel 1935 ospita la prima mostra collettiva di arte astratta italiana.
La sua fama raggiunge livelli internazionali ed è membro di giurie e comitati organizzatori di importanti eventi espositivi.
Negli anni postbellici le figure sono sempre più imbrigliate in una forte linea di contorno.
Nel 1952 diventa direttore dell’Accademia Albertina e Presidente dalla Sezione Arte Contemporanea del Consiglio Superiore per le Antichità e Belle Arti e della commissione acquisti del Senato.
Muore nel 1963.