Emilio Tadini

Milano 1927 – 2002

Esordisce come poeta e critico sotto l’egida di Elio Vittorini, collaborando alla rivista «Il Politecnico», e solo nei tardi anni Cinquanta si avvicina alla pittura, con opere che si possono collocare nell’ambito del Neorealismo.
Nel 1961 tiene la sua prima personale a Venezia alla Galleria del Cavallino, in cui è già evidente l’influsso della Pop Art inglese con un raffinato montaggio di elementi quotidiani composti insieme a parole ed immagini; nell’elaborazione di queste opere gioca un ruolo importante la letteratura, in particolare di Joyce e dal suo flusso di coscienza, che combina elementi eterogenei in modo del tutto incongruo, come nel Surrealismo.
Nel 1965 espone ad una collettiva con Schifano, Adami e Del Pezzo, che lo introduce a pieno titolo nel panorama nazionale, portandolo ad esporre nelle maggiori città italiane e, in seguito, anche all’estero.
Dalla metà degli anni Sessanta crea cicli di opere a tema come Il giardino freddo e Vita di Voltaire, una serie sull’uomo-burattino con disegni in negativo.
Del 1969 è il ciclo Color e Co che trasforma la tela in un diaframma trasparente su cui sviluppa un teorema.
Dagli anni Settanta intensifica l’uso degli acrilici, espone in Francia, Stati Uniti, Svizzera, Irlanda e Messico.
Nel 1978 partecipa alla Biennale di Venezia.
Nel 1980 pubblica il romanzo-saggio L’opera giocato su vari piani di scrittura.
Negli anni Ottanta le opere si caricano di una forte ironia.
Dal 1987 collabora come critico al «Corriere della Sera».
Negli anni Novanta espone in tutto il mondo e vengono realizzate antologiche sulla sua opera, specie in Italia e in Germania.
Muore nel 2002.