Arturo Tosi
Busto Arsizio 1871 – Milano 1956
Dopo una formazione nell’ambito della Scapigliatura milanese, appresa a partire dal 1889 all’Accademia di Brera, Arturo Tosi, inizia la sua attività di pittore con una produzione materica e violenta, con pennellate guizzanti ispirate dal Monticelli, pittore cui guardò anche Van Gogh. Tosi stesso definì il periodo tra 1890 e 1910 come il “periodo alcolico”, proprio a sottolineare il carattere sfrenato delle sue opere.
Nel 1900 va a Parigi per visitare l’Esposizione Universale e rimane molto affascinato da Manet e da Renoir. Nei paesaggi di questi anni si nota uno slittamento verso un’assoluta semplificazione, la tela diventa una giustapposizione di zone cromatiche materiali, al fine di rendere la natura come una totalità panica.
Nel 1909 partecipa alla Biennale di Venezia, con opere che sono lontane sia dal Divisionismo, che sente estraneo per il suo approccio scientifico e calcolato alla materia pittorica, sia dal nascente Futurismo, volto a distruggere quella materialità dei corpi che è la sorgente stessa dell’opera di Tosi.
Nel 1918, dopo un periodo di pausa dalla pittura, reintroduce nella sua opera una forte componente figurativa.
Alla Biennale veneziana del 1920 vede la retrospettiva su Cézanne e ne rimane profondamente colpito, i suoi paesaggi acquistano solidità e strutturazione geometrica, attraverso rettangoli, rombi e diagonali, e anche attraverso una potente linea di contorno.
Dalla metà degli anni Venti, a seguito dell’ammirazione della Sarfatti, e per ragioni di opportunità, entra nel comitato direttivo di Novecento.
Gli anni Trenta segnano la sua affermazione sia a livello nazionale che internazionale con esposizioni in Europa e negli Stati Uniti.
Gli anni postbellici vedono un riaffiorare del “periodo alcolico” sorretto però da una ferrea disciplina costruttiva: il peso della materia disfa i contorni, l’immagine pare filtrata da una densa coltre di nebbia.
Muore a Milano nel 1956.