Riviera

1957
olio su tela
97×146

L’arrivo di Afro a Roma alla fine degli anni Venti gli consente di inserirsi nel filone del “tonalismo romano”, rivisitato attraverso la pittura veneta, i colori vanno progressivamente dilatandosi insieme al disfacimento delle forme, anticipando quelli che saranno gli esiti legati all’astrazione.
È tuttavia il soggiorno americano, in apertura agli anni Cinquanta, che contribuisce alla formazione di quel linguaggio personale che contraddistingue la maturità di Afro. Per quasi un ventennio, infatti, l’artista espone regolarmente le sue opere presso la galleria newyorkese Catherine Viviano, occasione questa che gli consente di avvicinarsi ai maggiori movimenti artistici americani dell’epoca, soprattutto l’Informale, e in particolare di poter apprezzare la pittura di Arshile Gorky.
Nella seconda metà degli anni Cinquanta, Afro è ormai un pittore affermato, tanto che nel 1956 riceve il premio con miglior pittore alla Biennale di Venezia e nel 1958 viene invitato a partecipare alla grande decorazione murale Il Giardino della Speranza, presso il Palazzo dell’Unesco a Parigi, insieme a Picasso, Arp, Calder e altri ancora. Quest’ultima opera rappresenta la conferma di una tendenza, già avviata dalla fine degli anni Quaranta, che vede Afro orientarsi sempre più verso superfici di dimensioni considerevoli.
Tra i due avvenimenti, nel 1957, realizza Riviera, opera che è perfettamente in linea con il cambiamento di rotta del linguaggio pittorico dell’artista. Come lui stesso testimonia, da tempo provava “un certo disagio di fronte al mio lavoro: ero estraneo al quadro che realizzavo come se non rispondesse a uno svolgimento, ad una necessità interiore che diveniva più urgente e precisa”, poi “ho accettato che l’immagine pittorica si realizzasse in un suo modo più imprevisto: nel fatto che una forma si dilati in maniera inquietante, che un colore si accenda ‘fuori misura’, che la materia nasca dai suoi stessi strati di calcolo e di abbandono”.