Livio Afro Basaldella
Udine 1912 – Zurigo 1976
Esponente, con i fratelli Mirko e Dino, della Scuola friulana d’avanguardia di Udine, Afro si forma dapprima nella bottega del padre, pittore e decoratore, e poi a Venezia dove si diploma in Pittura.
Nel 1929, grazie ad una borsa di studio è a Roma, con Dino, ed entra in contatto con i protagonisti della Scuola Romana, Scipione, Mafai e Cagli.
Nel 1932, con Mirko, frequenta lo studio di Arturo Martini a Milano e la Galleria Il Milione dove l’anno seguente tiene una personale.
Dal 1934 è di nuovo a Roma, la sua produzione saldamente legata alla tradizione del colorismo veneto, prende i modi del tonalismo romano, frequenta in particolare gli artisti che gravitano intorno alla Galleria La Cometa come Cagli, Capogrossi, Cavalli e Guttuso, e inizia ad esporre alle Quadriennali romane e alle mostre sindacali.
Dalla fine degli anni Trenta si occupa di pittura murale, sia in Friuli che a Roma, ma anche a Parigi in occasione dell’Esposizione Internazionale del 1937, con opere di sapore mitologico, fabulistico, in cui compaio le suggestioni di El Greco, Signorelli e Tintoretto, e in cui mostra una grande abilità tecnica e compositiva.
Il viaggio parigino introduce nella sua opera un impianto cubista, che si nota nelle opere degli anni bellici, esposte con il gruppo milanese Corrente, in cui affiora una dimensione più intima legata alla memoria privata.
Nel 1947 aderisce al Fronte Nuovo delle Arti.
Fondamentale il viaggio a New York nel 1950, dove inizia una collaborazione ventennale con la Catherine Viviano Gallery, e la sua opera si orienta verso soluzioni non figurative, influenzate da Gorky e dall’Action Painting.
Tornato in Italia aderisce nel 1952 al Gruppo degli Otto con Turcato, Vedova, Birolli, Corpora, Moreni, Morlotti e Santomaso. La sua opera è conosciuta e apprezzata a livello internazionale e, nel 1956, la Biennale di Venezia lo premia come miglior artista italiano.
Nel 1957 viene chiamato ad insegnare negli Stati Uniti, e nel 1958, gli viene commissionata un’opera murale per la sede dell’Unesco a Parigi, Il Giardino della speranza, realizzato accanto alle opere di Calder, Picasso, Mirò, Matta e Arp.
Le opere di questi anni sono caratterizzate da una sorta di astrazione informale del ricordo, con una materia cromatica sfaldata in cui rivivono poeticamente memorie personali di luoghi e situazioni. Nei suoi tracciati di linee, solo apparentemente casuali, sono condensati gli umori, i ricordi, i sogni dell’artista.
Negli anni Sessanta i riconoscimenti si moltiplicano, vive tra l’Italia e gli Stati Uniti, dove insegna in numerosi college. Nel 1968 ottiene la cattedra di Pittura all’Accademia di Firenze.
Profondamente scosso dalla morte del fratello Mirko si ammala nel 1971, inizia ad abbandonare la pittura, sempre più orientata al monocromo, e si occupa soprattutto di grafica.
Muore nel 1976.