Grande piastra

1963
rame, ottone, scorie di fusione, vetro blu
106×118

Protagonista del verbo informale, nell’accezione materica, Edgardo Mannucci si trasferisce a Roma in giovane età; qui s’iscrive al Museo Artistico Industriale e all’Accademia di Belle Arti, prendendo dimora presso lo studio del conterraneo Quirino Ruggeri.
L’incontro con quest’ultimo e con l’amico pittore anconetano Corrado Cagli lo introduce velocemente nella temperie artistico culturale romana. Proprio di questi anni è la partecipazione di Mannucci, insieme a Cagli, al gruppo degli “Orientalisti”, che si riuniva presso il caffè Castellino. L’ispirazione all’Oriente e alla cultura delle civiltà mediterranee, e soprattutto alle figure squadrate del mondo egizio, ben traspare dalla produzione mannucciana degli anni Trenta, che mantiene tuttavia un sottile equilibrio dialettico tanto con il maestro Ruggeri quanto con la poetica di matrice martiniana.
Spartiacque fondamentale, dal quale dipenderanno i futuri sviluppi della poetica mannucciana, è rappresentato dalla guerra mondiale ed in particolare dallo scoppio della bomba atomica. L’esperienza del conflitto lo segna profondamente, tanto da comprendere che le forme in uso sino a quel momento non corrispondono più alle esigenze estetiche dell’uomo contemporaneo.
Una rinnovata consapevolezza, dunque, delle enormi trasformazioni prodotte dall’energia scaturita dalla disintegrazione dell’atomo, è alla base delle successive creazioni del maestro fabrianese.
Tra i secondi anni Quaranta e i primi anni Cinquanta la produzione mannucciana, tanto scultorea quanto grafica, muove sempre più verso prove non-figurative.
È proprio all’inizio degli anni Cinquanta che i lavori di Mannucci, chiamati inizialmente “opera” o “scultura”, vengono denominati “Idea” in quanto “l’“opera” è una cosa presuntuosa, e io presuntuoso credo proprio di non esserlo. Ho pensato che questa parola fosse troppo pesante, e poi, quando ci si trova nella ricerca, l’opera non è mai completa. Ho pensato allora che, chiamando i lavori “Idea”, essi fossero più aderenti alla ricerca che andavo facendo”.
Tutto ciò coincide anche con l’esigenza di perfezionare le tecniche di lavorazione utilizzate dallo scultore, il quale passa dalla fusione tradizionale alla saldatura diretta, in cui sperimenta la mescolanza di materiali diversi come l’ottone, il rame, il ferro, il bronzo, l’argento o l’oro, svolgendo un’operazione affine alle coeve ricerche dell’amico Alberto Burri.
Prendono forma, quindi, dalla materia incandescente, con il proseguire degli anni, trame reticolari, spirali, grovigli che trovano il loro corrispettivo negli strappi, vale a dire colature di colla vinilica o organica su un supporto trattato in superficie con smalti e terre colorate.
Non meno interessanti sono i “mobiles”, strutture scultoree che si “muovono con la sola aria… perché si reggono su un bilico, su una punta d’acciaio”.
Nel corso degli anni Cinquanta e Sessanta lo “scultore dell’energia”, come è stato definito, vede la sua affermazione anche sulla scena internazionale, i suoi lavori sono caratterizzati da una nuova espansione spaziale ambientale, con il conseguente aumento delle dimensioni. Questi “fascinosi simulacri” giocano dialetticamente con lo spazio in una perfetta alternanza di pieni e di vuoti, a volte tessono campiture di superficie metallica in cui l’artista costruisce trame strutturali leggere.
Dalla materia, sapientemente plasmata dall’artista marchigiano, come si evince anche dalla Grande piastra, spuntano, come fossero pietre preziose incastonate, scintillanti nuclei vitrei colorati con lo scopo di apportare una nota di colore e di voler “distinguere fra materia pura e materia impura”.
L’itinerario creativo di Mannucci s’inserisce, dunque, nell’ambito della cultura informale dell’epoca immensamente affascinato dalle potenzialità della materia e dalle sue molteplici possibilità energetiche.
Il ventennio che precede la morte dello scultore, meglio conosciuto come “il grande stile”, rappresenta la massima affermazione dell’immaginario atomico e cosmico mannucciano.