Edgardo Mannucci
Fabriano 1904 – Arcevia 1986
Viene iniziato alla lavorazione del marmo nel laboratorio paterno e poi alla Scuola Professionale di Matelica, dove studia in particolare le proprietà e le tecniche inerenti il cemento.
Nel 1927 si trasferisce a Roma dove studia alla Scuola Superiore del Museo Artistico Industriale. Nel 1931 inizia a scolpire e ad esporre opere figurative, ispirate ad Arturo Martini. In questi anni stringe amicizia con Cagli, Afro, Mirko e Bontempelli, con cui da vita al Gruppo degli Orientalisti.
Ma è l’amicizia con i futuristi, in particolare con Prampolini, che induce una svolta nella pratica scultorea di Mannucci, insoddisfatto dalla plastica tradizionale.
Nel 1946 inizia a collaborare con l’industria cinematografica, realizzando statue per film a soggetto storico come Quo Vadis.
Nel dopoguerra la sua scultura prende la via dell’astrazione, stringe un forte sodalizio artistico con Alberto Burri, con cui condivide le ricerche di area informale, ma sottolinea le loro divergenze dicendo “io guardo ai fatti vivi della vita, al movimento, mentre in Burri tutto è fermo, il suo interesse è rivolto ai rifiuti di questa civiltà che muore”.
Nel 1951 con Burri, Ballocco, Capogrossi e Colla da vita al gruppo Origine, che rifiuta ogni linguaggio tradizionale.
Sconvolto dall’atomica giunge a realizzare polimaterici saldando direttamente insieme ottone, rame e bronzo, che attraverso l’alta qualità dell’operazione manuale affermano la presenza dell’artista, il cui il gesto genera energia e movimento, come vediamo nella serie delle Idee.
Nel 1956 ottiene una sala personale alla Biennale di Venezia.
Negli anni Sessanta torna nelle Marche dove dirige vari Istituti artistici.
Le opere degli anni Settanta si liberano della materia e mostrano sempre più la struttura geometrica disegnativa ad esse sottesa.
Muore nel 1986.