Sergio Vacchi
Castenaso 1925 – Siena 2016
Ha una formazione da autodidatta a Bologna che risente soprattutto di Morandi.
Espone per la prima volta a Roma alla Galleria del Secolo nel 1949, grandi tele ispirate dal realismo post-cubista.
Al 1951 risale la sua prima personale a Milano alla Galleria Il Milione.
Inizia a lavorare a paesaggi emiliani, rileggendo Cézanne con un’intonazione informale, in cui la materia è caricata di valenze liriche ed emozionali.
Dal 1956 espone alla Biennale di Venezia, e poi alla Quadriennale di Roma, in questo periodo le sue opere si orientano verso una figurazione visionaria popolata di immagini grottesche, ispirate a Max Ernst, Otto Dix e Francis Bacon.
Dal 1962 lavora ad un ciclo di quadri di intonazione baroccheggiante Il Concilio in cui ironizza sul mondo ecclesiastico. Queste opere vengono esposte in una sala personale alla Biennale di Venezia del 1964, suscitando lo scandalo del Cardinal Urbani, al tal punto da indurlo a vietare a tutto il clero di visitare la sala.
Negli anni Sessanta porta avanti altri due cicli sul tema del potere: Morte di Federico II di Hohenstaufen e Galileo Galilei Semper.
Al 1968 risale il Ciclo del pianeta che riflette sull’individuo e sulla natura degradata che lo circonda, con mostri e icone-metamorfiche.
Nel 1974 con la serie delle Piscine lustrali lavora sul tema dell’erotismo.
Nei secondi anni Settanta si confronta con opere di dimensione murale, dal clima metafisico, componendo scene notturne con stranianti figure in riva al mare e inquietanti presenze oggettuali.
Negli anni Ottanta realizza la serie dei dieci Autoritratti che apre una stagione introspettiva, in cui le pulsioni dell’inconscio vengono teatralizzate sulla tela, è il caso delle Porte iniziatiche dipinti realizzati su vere porte, e delle Stanze della Nekyia, dedicate al mito di Ulisse che scende negli inferi per interrogare l’indovino Tiresia.
Negli anni Novanta accentua ulteriormente l’aspetto visionario della sua pittura con scene macabre che captano la profonda crisi esistenziale che chiude il millennio, con la sua ossessione per la globalizzazione e il suo imperante consumismo.
Nei tardi anni Novanta si trasferisce nel senese nel Castello di Grotti, dove da vita alla Fondazione Vacchi.
Nel 2002 a Macerata gli viene conferito il “Premio Scipione” alla carriera.
Muore a Siena nel 2016.