Mirko Basaldella

Udine 1910 – Cambridge 1969

Figlio di un pittore e decoratore, si forma con i fratelli Afro e Dino, all’Accademia di Venezia e poi alla Scuola di Arti Applicate a Monza, sotto la guida di Arturo Martini, che poi seguirà a Milano nel 1932.
Nel 1928 è tra gli organizzatori della mostra della Scuola friulana d’Avanguardia di Udine in polemica con il provincialismo artistico friulano.
Nel 1934 si trasferisce a Roma con Afro e frequenta la Galleria La Cometa, si lega in particolare a Cagli (di cui sposerà la sorella) con cui condivide il gusto per l’arcaico e il primordiale, in ottica anticlassica. Espone, con i protagonisti della Scuola Romana, opere in bronzo, in cui echeggia la lezione martiniana ma anche l’influsso dell’ambiente romano.
Nel 1937 è a Parigi per visitare l’Esposizione Universale con Afro e Cagli, e si interessa al Cubismo.
Nei secondi anni Trenta la sua scultura si fa più raffinata e suscita consensi critici, cerca nuove possibilità formali nel bassorilievo e nell’oreficeria.
Le opere degli anni bellici sono ricche di richiami all’arte italiana del Quattrocento (Donatello) e del Cinquecento (Michelangelo), all’ellenismo e a culture esotiche come quella azteca.
Nel 1944 espone alla mostra del quotidiano «L’Unità» “Arte contro le barbarie”.
Nel dopo guerra aderisce al Fronte Nuovo delle Arti, elabora una sintesi neo-cubista, con echi surreali, in opere policrome e polimateriche (ferro, gesso, ottone, cemento) in cui indaga il tema delle metamorfosi e abbandona le forme naturalistiche. Porta avanti ricerche analoghe nei disegni.
Realizza in questo periodo molte opere monumentali, come il Cancello del Mausoleo delle Fosse Ardeatine del 1951, le decorazioni e le vetrate del palazzo della FAO a Roma nel 1952, la Croce del Monumento ai Caduti per la Libertà a Mauthausen nel 1954.
Nel 1955 ottiene il “Premio Internazionale di Scultura” alla Biennale di Venezia, la sua opera gode di fama internazionale, soprattutto negli Stati Uniti, dove dal 1957 insegna Design ad Harward e realizza molte opere monumentali.
Negli anni Cinquanta e Sessanta viaggia moltissimo negli Stati Uniti e in Medio Oriente, la sua ricerca alterna tecniche antiche, come la fusione a cera persa, a suggestioni informali e modalità creative contemporanee, come il recupero e l’assemblaggio di materiali quotidiani, il mito resta il suo orizzonte di riferimento.
Scrive di lui Ungaretti: “l’opera di Mirko fa un lunghissimo viaggio nel tempo, da questo momento che viviamo fino ad ere sacre”.
Muore nel 1969.