Giuseppe Capogrossi
Roma 1900 – 1972
Discendente da una nobile e facoltosa famiglia romana, Capogrossi ha una formazione classica e dopo la Prima Guerra Mondiale si laurea in Giurisprudenza.
Lo zio, segretario generale gesuita, vista la sua passione per la pittura, lo introduce nello studio dell’affreschista e grafico romano Giambattista Conti, che ben presto abbandona per seguire la lezioni di Felice Carena alla Libera Scuola di Nudo, qui incontra Emanuele Cavalli.
Dal 1925 espone da Bragaglia e nel 1927 tiene una personale alla Pensione Dinesen con Cavalli e Di Cocco.
Alla fine degli anni Venti è, a più riprese, a Parigi con Fausto Pirandello, studia gli Impressionisti, Picasso e Derain.
Tornato a Roma, espone, a partire dal 1932, con Cavalli e Cagli, la critica li definisce Gruppo dei nuovi pittori romani, in occasione di una mostra milanese alla Galleria Il Milione. Questo sodalizio li porta a redigere nel 1933 il Manifesto del Primordialismo Plastico e ad esporre in Italia e a Parigi, dove Waldemar George conierà l’appellativo “École de Rome”.
Le opere di questi anni, nature morte, ritratti e ballerine, sono d’impianto tonale, coniugano la lezione mafaiana all’inquietudine scipionesca, e, soprattutto verso la fine degli anni Trenta, mostrano uno svuotamento materico delle forme che prelude alla successiva svolta astratta.
Nei secondi anni Trenta inizia ad esporre negli Stati Uniti, ottenendo consensi e riconoscimenti.
Nel 1936 inizia una relazione con la moglie di Prampolini.
Gli anni post-bellici sono segnati da una profonda crisi creativa, che lo condurrà attraverso un’operazione di ripensamento della sua opera in ottica neo-cubista, fino a quando nel 1949 deciderà di abbandonare definitivamente la figurazione.
Crea una cifra segnica, del tutto sprovvista di significato evidente, ripetuta ritmicamente in combinazioni che rimandano in modo vitale a situazioni ancestrali.
Queste opere suscitano grande scalpore e vengono presentate nelle maggiori rassegne e gallerie italiane, la critica le avvicina all’ambito informale, e ravvisa nella sua cifra grafica una simbologia rupestre di entità a metà tra l’animale e il vegetale.
Nel 1951 con Burri, Ballocco, Mannucci e Colla da vita al gruppo Origine, di orientamento non-figurativo.
Nel 1952 aderisce allo Spazialismo.
Le mostre ed i premi internazionali si susseguono, sia per quanto riguarda la pittura che la copiosa produzione grafica.
Nel 1971 il Ministero per la Pubblica Istruzione gli conferisce la “Medaglia d’Oro per Meriti Culturali”.
Muore nel 1972.