Fiorenzo Tomea

Zoppè di Cadore 1910 – Milano 1960

Ultimo di dieci figli, di una famiglia in precarie condizioni economiche, Tomea si adatta sin dalla più giovane età a qualsiasi tipo di mestiere.
Inizia a dipingere da ragazzino, quando il pittore veronese Masotto gli regala dei residui di colori.
Nel 1926 grazie ai proventi del commercio ambulante, esercitato con il fratello, s’iscrive all’Accademia di Verona, dove conosce Manzù e Birolli.
Nel 1928, torna a Milano dove conosce Sassu, Cassinari, Cantatore e Messina, ma soprattutto il critico Edoardo Persico che lo introduce all’opera di Carrà, De Chirico, Rosai ma anche di Cézanne e dell’Impressionismo, opere di cui fa esperienza diretta in un viaggio a Parigi nel 1934.
Nella capitale francese entra in contatto con i pittori italiani Severini, Tamburi, Campigli, Tozzi.
La sua opera è molto influenzata dalla pittura francese e da Ensor ma la sua vera passione è l’arte di Tiziano. I soggetti di questi anni sono paesaggi apocalittici, candele, pagliacci, nelle cui fisionomie si ritrova un’eco della scultura lignea popolare del Quattrocento.
Tornato a Milano nel 1935 inizia ad esporre in collettive e ad ottenere i primi riconoscimenti, nel 1937 allestisce la prima personale alla Galleria La Cometa di Roma.
Nel 1939 partecipa all’esperienza di Corrente.
Negli anni 1940 e 1950 realizza opere a carattere religioso, spesso d’impianto monumentale, utilizzando le tecniche del mosaico e dell’affresco. Numerosi i premi ottenuti in questo ambito.
Accanto alla produzione religiosa è incessante il riferimento al paese natale, con paesaggi, semplici nature morte e fiori, realizzati con toni chiari e poetici.
Dal 1956 è sindaco di Zoppè di Cadore.
Muore nel 1960.