Fernando Mariotti

Pesaro 1891 – 1969

Si forma dapprima all’Istituto di Belle Arti di Urbino, e poi all’Accademia di Firenze e di Roma, nel primo decennio del Novecento.
Le prime opere del periodo urbinate risentono dell’influsso del verismo ottocentesco che informava ancora la pittura e la grafica dei suoi maestri, Morelli e Castaldini.
Dal 1913 insegna Disegno e Storia dell’Arte in molti istituti superiori marchigiani, occupazione che manterrà fino al 1958.
A Roma si avvicina all’Espressionismo e al Secessionismo viennese, che ha modo di conoscere alle mostre della Secessione romana dal 1913 al 1916. Questo linguaggio è applicato a temi sociali, moti e manifestazioni socialiste, e ispirato dagli eventi bellici, cui partecipa in prima persona.
Notevole anche la produzione di ritratti di amici e familiari e di autoritratti in cui è evidente una violenza espressiva deformante che echeggia Munch e Schiele.
Tra il 1918 e il 1921 realizza un ciclo di opere sacre, cariche di elementi simbolici e metafisici.
Dal 1924, attraverso le riviste, e le visite alle Biennali veneziane, segue la formazione del gruppo Novecento, baluardo del ritorno alla grande tradizione italiana. La sua pittura risente solo formalmente del rigore e della monumentalità novecentista, le forme pure e geometrizzanti nascono per Mariotti dall’esigenza di “purificarsi” dall’eccessivo soggettivismo della stagione precedente.
Negli anni Trenta sente l’inadeguatezza della poetica del Novecento e cade in una crisi creativa che lo porta ad abbandonare per qualche tempo la pittura.
In seguito si orienta verso una produzione intimista e malinconica per reagire all’orrore degli anni bellici, soprattutto ritratti di familiari e nature morte, con una pennellata che si riallaccia alla produzione espressionista giovanile.
Negli anni Quaranta è particolarmente significativa la figura del manichino, già presente negli anni Venti, ora simbolo di una società incapace di comunicare.
Negli ultimi anni dipinge quasi esclusivamente autoritratti, implacabili strumenti d’introspezione, realizzati con pochi toni essenziali e una grande attenzione alla materia pittorica.
Muore nel 1969.
La sua opera è rimasta per gran parte ignota fino al 1980 quando viene riscoperto nell’esposizione pesarese “Arte e Immagine tra Ottocento e Novecento. Pesaro e Provincia”.