Emilio Scanavinio

Genova 1922 – Milano 1986

Figlio di un teosofo e di una fervente cattolica, Scanavino è un personaggio complesso, segnato da un forte conflitto interiore tra queste due culture.
Inizia a dipingere negli anni del Liceo Artistico paesaggi e soggetti umili secondo i canoni del realismo.
Nel 1942 tiene la prima personale al Salone Romano di Genova.
Chiamato alle armi, deve interrompere gli studi di architettura intrapresi a Milano.
Nel dopo guerra lavora come disegnatore tecnico del comune di Genova e parallelamente porta avanti l’attività pittorica, che risente di influssi espressionisti, post-cubisti e astrattisti, introiettati in un fondamentale soggiorno parigino nel 1947.
Nel 1950 partecipa alla Biennale di Venezia suscitando l’interesse della critica, da questo momento si dedica esclusivamente alla pittura.
Nel 1951 è a Londra per una personale e rimane profondamente colpito dall’opera di Francis Bacon.
Nel corso del decennio è tra i protagonisti della rinascita dell’interesse verso la ceramica ad Albisola, paesino ligure che sale alla ribalta delle cronache artistiche per il clima fortemente sperimentale che si viene a creare con la presenza di artisti internazionali, qui stringe amicizia con Fontana, Baj, Crippa, Dova, e Matta.
Dal 1952 insegna Disegno e Figura al Liceo Artistico di Genova.
In questi anni frequenta il gruppo degli spazialisti, pur non aderendo mai ufficialmente al movimento, espone con loro a Milano alla Galleria Il Naviglio e alla Galleria Il Cavallino di Venezia.
Alla metà degli anni Cinquanta le sue opere raggiungono esiti informali, con una ricerca sul segno.
Nel 1957 realizza le serie Rituali e Alfabeti senza fine in cui elabora il senso ritmico, che diviene una costante della sua pittura. Al contempo porta avanti una produzione di oggetti d’arte applicata in ceramica e sculture, come il bassorilievo per il Genio Civile di Imperia.
Nel 1958 alla Biennale di Venezia vince il “Premio Prampolini” e il “Premio Acquisto”, nello stesso anno si trasferisce a Milano.
Nel 1960 gli viene offerta una sala personale alla Biennale lagunare.
Dal 1968 si trasferisce a Calice Ligure creando intorno a se una piccola comunità artistica. In questi anni si avvia verso il superamento dell’Informale, in ottica geometrica.
Nel 1971 è invitato alla Biennale di San Paulo del Brasile, per l’occasione realizza con Alik Cavaliere l’opera-istallazione Omaggio all’America Latina un retablo di nove pannelli lignei dipinti ad olio con inserzioni di sculture in bronzo, argento e alluminio. I pannelli sono divisi in 156 riquadri che riportano ognuno il nome di un martire per la libertà dei popoli sudamericani, misteriosamente scomparso. L’opera viene censurata ma in Italia diventa simbolo della libertà e ottiene straordinario successo.
Gli anni Settanta e Ottanta sono caratterizzati da un’intensa attività espositiva in tutto il mondo.
Muore nel 1986.