Claudio Cintoli
Imola 1935 – Roma 1978
Il primo contatto con l’arte avviene nello studio del nonno, il pittore recanatese Biagio Biagetti, direttore dei Musei Vaticani e studioso di restauro.
Dal 1956 si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Roma e l’anno seguente vince una borsa di studio per Parigi, dove si apre alle ricerche internazionali, da questo momento inizia una serie di viaggi di formazione in tutta Europa.
Nel 1958 tiene la sua prima personale a Recanati e poi a Roma.
Nel 1959 è in Germania dove partecipa ad una mostra sui giovani artisti italiani, l’anno seguente vince una borsa di studio per Londra. Nel 1962 si muove da Madrid, a Venezia, a Berlino studiando le opere dei maestri antichi e realizzando un diario con moltissimi appunti e schizzi.
In contemporanea partecipa alle principali rassegne artistiche italiane, ottenendo un grande successo.
Dal 1964 si occupa di cinema.
Dalla metà degli anni Sessanta vive a New York, frequentando artisti e galleristi americani. Negli Stati Uniti inizia a produrre film d’animazione, in collaborazione con una casa cinematografica, e a collaborare, come critico, con importanti riviste italiane, prima fra tutte «Flash Art», recensendo eventi espositivi e protagonisti dell’arte contemporanea americana.
Realizza le serie dei Giardini, degli Uccelli e quella ispirata dalla guerra in Vietnam.
Tornato a Roma negli anni Settanta esegue le prime performance nella Galleria L’Attico di Fabio Sargentini, Colare Colore, Annodare, Chiodo Fisso.
Negli anni Settanta insegna con passione al Liceo Artistico di Latina, innovando profondamente la pratica didattica.
In questo periodo si dedica alla pittura murale, realizzando una serie di opere negli androni delle case popolari di Ostia, dal titolo Le Sabbie.
Nel 1973 crea il suo alter-ego Marcanciel Stuprò, il cui nome è l’anagramma di Marcel Proust. Marcanciel sarà protagonista di tutta una serie di mostre, performance e azioni lungo tutto il decennio. A suo nome Cintoli scrive lettere ai protagonisti dell’arte italiana per provocare una risposta sull’aforisma di Jarry “i giochi di parole non sono un gioco”, rispondono Pozzati, Calvesi, Argan, il Gruppo Fluxus e molti altri. L’operazione verrà denominata Jarrigliare e pubblicata in un libro del 1977.
Inizia a lavorare con la fotografia, sempre sotto il nome di Marcanciel Stuprò, sui temi della morte e della rinascita, con una complessa simbologia di stampo surrealista, riflettendo a lungo sul tema dell’uovo.
Parallelamente porta avanti una produzione grafica iperrealista per tutti gli anni Settanta.
Muore a Roma nel 1978.