Emilio Vedova

Venezia 1919 – 2006

Si forma da autodidatta guardando alla grande tradizione veneta, soprattutto a Tintoretto e Piranesi, dalla metà degli anni Trenta disegna e dipinge moltissimi autoritratti, vedute architettoniche e prospettive, per assecondare la sua passione si trasferisce prima a Roma, dove frequenta la Libera Scuola di Nudo, e poi a Firenze.
Dal 1942 è vicino al gruppo antifascista Corrente, conosce Birolli, Morlotti e Vittorini.
Partecipa attivamente alla Resistenza partigiana, documentandola con una drammatica serie di disegni, in cui c’è una forte attenzione al segno e alla sua valenza espressiva.
Nel 1946 redige con Morlotti il Manifesto del Realismo. Oltre Guernica.
Nel 1947 è tra i promotori del Fronte Nuovo della Arti, per un’arte utile alla società, espone con gli artisti del Fronte alla Biennale lagunare del 1948. In questi anni la sua pittura si emancipa dal rapporto con la figurazione, le opere sono caratterizzate da pungenti geometrie nere, vengono soprannominate le “tagliole di paura”, che simboleggiano l’uomo trainato da forze irrazionali e violente.
Nel 1950 inizia la serie degli Scontri in situazione in cui denuncia l’orrore degli anni bellici facendo ricorso ad una pittura gestuale, vicina all’Action Painting americana, non del tutto esente da retaggi figurativi, in cui trasmette con grande pathos il profondo senso di angoscia che lo ossessiona in quegli anni.
Nel 1952 aderisce al Gruppo degli Otto con Afro, Birolli, Corpora, Santomaso, Moreni, Morlotti e Turcato, che porta avanti la via dell’astrazione.
Nello stesso anno si trasferisce a Parigi, crea assemblages ed opere di sapore informale.
Nel 1954 chiusa l’esperienza del Gruppo degli Otto esegue le grandi tele del Ciclo della protesta e del Ciclo della natura. Vince un premio alla Biennale di San Paulo che gli permette di trascorrere tre mesi in Brasile, paese da cui rimane profondamente affascinato.
Nel 1955 durante un viaggio in Spagna, si appassiona all’opera di Goya.
Nel 1960 una giuria internazionale gli conferisce il “Premio per la Pittura” della Biennale di Venezia.
Inizia la serie dei Plurimi, realizzazioni polimateriche articolate nello spazio, che segnano il superamento della pittura.
Nel 1961 si occupa di scenografia, collaborando alla messa in scena di Intolleranza ‘60 di Luigi Nono.
Si trasferisce in Germania, dove continua con gli interventi ambientali, e poi dal 1965 è negli Stati Uniti, per un ciclo di conferenze sulle sue opere nelle università americane.
Nel 1975 collabora con la fornace muranese Venini, creando lastre in vetro dal titolo Spazio-plurimo-luce.
Nello stesso anno ottiene la cattedra di Pittura all’Accademia di Venezia.
Negli anni Novanta iniziano le retrospettive sulla sua opera, prosegue intensa la sua attività espositiva.
Muore nel 2006.