Antonio Ligabue

Zurigo 1899 – Gualtieri 1965

Figlio di un’immigrata italiana in Svizzera, nato da una relazione clandestina, viene affidato ad una coppia di svizzeri ed instaura un rapporto morboso con la matrigna.
Nel 1913, a causa dei suoi gravi problemi psicologici, viene inserito in una scuola speciale, dove si distingue per il suo talento nel disegno.
Espulso definitivamente dalla Svizzera viene mandato in Emilia, a Gualtieri, il paese paterno.
Vive come un vagabondo nel bosco e impiega il tempo disegnando o modellando con le mani piccole sculture in argilla, qui lo trova Marino Mazzacurati nel 1928 e, intuitone il talento, cerca d’inserirlo nel mondo dell’arte, aiutandolo ad esprimere appieno le sue potenzialità.
Dipinge animali feroci, foreste intricate, scene da incubo dai colori squillanti, in cui esprime la paura, la rabbia, l’eccitazione e la nostalgia.
Viene spesso internato in manicomio per i suoi eccessi.
Dal 1948 critici e galleristi si interessano a lui, inizia a vendere le sue opere e a ricevere premi, anche se la sua vita continuerà ad essere segnata dalla malattia mentale.
Parallela alla produzione pittorica, e separata da essa, sta l’attività grafica di Ligabue, che non è preparatoria alla pittura bensì espressione autonoma, molto attenta alla definizione dei volumi, che si manifesta al meglio nel segno violento, aggrovigliato e strutturale della puntasecca. Nel disegno Ligabue si autoritrae spesso con animali, mostrando un particolare interesse per l’abbigliamento, mentre il volto è risolto con pochi tratti caratterizzanti, la linea indugia sulla descrizione degli abiti, pone dunque l’accento sugli elementi che mostrano l’appartenenza sociale dell’individuo, su quell’integrazione tanto desiderata e mai ottenuta.
Nel 1962 viene colpito da una paresi ma continua a dipingere.
Muore nel 1965.