Antonio Donghi

Roma 1897 – 1963

Ha una formazione di stampo accademico, accompagnata da viaggi studio tra Firenze e Venezia, dove si appassiona alla pittura del Seicento e del Settecento.
Donghi si avvicina nei primi anni Venti all’esperienza di «Valori Plastici», rivista diretta da Mario Broglio che riuniva intorno a sé un nutrito gruppo di artisti, nella terza saletta del romano Caffè Aragno.
Nel 1924 espone con De Chirico, Casorati, Tozzi alla Galleria Pesaro di Milano, e viene inserito dalla critica nell’ambito del Realismo Magico.
Nel 1925 espone in Germania ad una mostra dedicata alla Nuova Oggettività.
Un soggiorno parigino, nel 1926, gli permette di conoscere De Chirico e De Pisis e, sempre in quest’anno, inizia ed esporre negli Stati Uniti.
Viene coinvolto dalla Sarfatti nelle esposizioni nazionali ed internazionali di Novecento, movimento che gli è particolarmente congeniale, tra gli anni Venti e Trenta. In questo periodo Donghi crea paesaggi dal solido impianto tradizionale, stravolgendoli, dal punto di vista espressivo, con una fredda luce straniante, inoltre dipinge molti quadri di figura che hanno per soggetto il mondo del circo.
Dal 1936 inizia ad insegnare pittura.
Negli anni Quaranta il suo linguaggio cambia, si fa sempre più calligrafico a scapito dell’unità della composizione, le tele diventano più piccole.
Dal 1941 è professore all’Istituto Centrale per il Restauro di Roma.
Nonostante un certo successo di mercato, specie americano, Donghi rimane sostanzialmente estraneo alle esperienze artistiche post-belliche.
Negli anni Cinquanta ripiega su posizioni precedenti realizzando soprattutto paesaggi.
Muore nel 1963.