Alberto Magnelli
Firenze 1888 – Meudon 1971
Il fiorentino Magnelli è un’autodidatta, la sua formazione è legata all’esperienza diretta di chiese e musei, ama in particolare Piero della Francesca, il Trecento ed il Quattrocento toscano, e la pittura dell’Ottocento.
Nel 1910 vede una retrospettiva di Klimt alla Biennale di Venezia e rimane profondamente colpito dallo stile secessionista.
Negli anni pre-bellici si lega agli esponenti della rivista «La Voce», in particolare Soffici e Papini che lo introducono ai Futuristi Boccioni, Severini, Balla, Carrà, Rosai e Conti.
Nel 1914 si reca a Parigi, scopre i Cubisti, Matisse, De Chirico e Apollinaire, l’influsso della cultura francese apporterà una svolta significativa nella sua pittura, che nel 1915 vira verso forme non figurative.
Nel 1916 reintroduce la figurazione e nel 1918 realizza un ciclo che esalta la fine della guerra, le Esplosioni Liriche, in cui confluiscono suggestioni orfiche e futuriste e l’influsso di Franz Marc.
Dal 1934, ormai trasferitosi definitivamente a Parigi, realizza le serie delle Pietre, iniziate negli anni precedenti in Italia, quando aveva visitato le cave di marmo di Carrara, questa serie segna l’avvio di una nuova fase astratta, portata avanti fino alla morte.
Sempre nel 1934 conosce Kandinskij e aderisce al gruppo Abstraction-Création.
Nonostante il trasferimento in Francia continua ad esporre nelle principali rassegne artistiche italiane. Dal 1937 è presente anche negli Stati Uniti.
Durante la Seconda Guerra Mondiale si rifugia in Provenza con la moglie, i coniugi Arp e Delaunay.
Nel dopoguerra viene consacrato tra gli artisti più importanti dell’ambito astratto, gli vengono dedicate numerose retrospettive in Italia e Francia.
Muore nel 1971.