Alberto Burri
Città di Castello 1915 – Nizza 1995
Artista di straordinaria capacità espressiva, Burri è protagonista dell’arte materica, che trova terreno in Italia a partire dal secondo dopo guerra, e più in generale della grande stagione Informale in Europa.
Laureato in Medicina nel 1940, viene subito arruolato e nel 1943 cade prigioniero degli Alleati in Tunisia, viene in seguito internato nel campo di Hareford in Texas.
Durante i tre anni di prigionia inizia a dipingere e matura l’idea di abbandonare la professione per dedicarsi all’arte.
Nel 1946 torna in Italia e si stabilisce a Roma, entrando subito in contatto con l’ambiente artistico, in particolare con Prampolini e gli artisti dell’Art Club.
Nel 1948 la sua produzione vira verso il non figurativo, in disegni in cui echeggia la lezione di Klee, Mirò e Arp, molto amati in quegli anni nell’ambiente romano.
Tra 1948 e 1950 avviene la svolta in senso materico, con varie serie che verranno portate avanti contemporaneamente nel decennio successivo, in cui sperimenta materiali inconsueti: i Catrami (1950), le Muffe (dal 1950 al 1953), i Gobbi (dal 1950 al 1955), dipinti aggettanti ottenuti tirando la tela su di un supporto estroflesso.
Ma è soprattutto la stagione dei Sacchi, una serie variamente declinata fino agli anni Sessanta, che fece scandalo, in Italia, persino tra i fautori dell’astrazione. Inizialmente appone il colore direttamente sulla juta, dal 1952, con i Grandi Sacchi alterna sacchi grezzi a zone dipinte, senza sovrapposizioni e compaiono le cuciture, i fili, gli strappi e le bruciature.
Burri rivive, in queste opere, gli anni della guerra e della prigionia, all’interno di composizioni formali che richiamano alla tradizione geometrica rinascimentale e al Neoplasticismo olandese, la sua denuncia si esprime nel gesto di lacerare e manipolare la materia.
Al trattamento gestuale è sottesa l’esigenza del recupero di un artigianato moderno, capace di fondare un nuovo rapporto tra materia emergente e forma nascosta, è il gesto che salva la materia dall’entropia e la innalza all’universo dell’arte, non opponendovisi ma rinnovandolo dall’interno, mescolando nuovi e vecchi processi artistici.
Nel 1951 fonda a Roma il Gruppo Origine, con Ballocco, Capogrossi e Colla.
Dal 1953 la sua fama si internazionalizza, già presente alle principali esposizioni italiane, inizia ad esporre negli Stati Uniti, ottenendo uno straordinario successo.
Dal 1956 inizia le serie delle Combustioni e dei Legni e, nel 1958, i Ferri.
La necessità di approfondire sempre più le possibilità della materia, lo induce negli anni Sessanta a lavorare con le plastiche, veri e propri simboli del boom economico di quegli anni.
Il 1969 è l’anno dei Cellotex realizzati con segatura pressata e colla, la materia incandescente, bruciata, convulsa degli anni precedenti, incomincia a raffreddarsi e a ricostruirsi.
Dal 1973 espone i Cretti, opere in terra e vinavil in cui è la materia stessa a regolare la propria morfologia, secondo processi di essiccazione.
I premi, le esposizioni e le retrospettive si susseguono in tutto il mondo.
Tra il 1981 e il 1987 la sua opera si apre alla dimensione ambientale, con il gigantesco Cretto Bianco realizzato sulle macerie della cittadina siciliana di Gibellina, distrutta dal terremoto del 1966.
Prosegue le sue ricerche precedenti, declinandole in grandi cicli per tutti gli anni Ottanta.
Nel 1990 la Fondazione Palazzo Albizzini di Città di Castello destina gli edifici degli ex Essiccatoi di tabacco alla Collezione Alberto Burri.
Muore nel 1995.