Giuseppe Cesetti

Tuscania 1902 – 1990

Figlio di allevatore di cavalli trascorre l’adolescenza in Maremma, una terra selvaggia, ancora dominata da ritmi arcaici, che ritornerà costantemente in tutta la sua opera.
Nel 1918 lascia la famiglia e comincia a peregrinare in tutta Italia studiando le opere dei grandi maestri.
Alla fine degli anni Venti si trasferisce a Como, dove espone per la prima volta, e poi a Firenze, qui tiene la sua prima personale e stringe amicizia con Ottone Rosai.
Nel 1931 è nominato assistente alla cattedra di Pittura all’Accademia di Venezia, ed espone alla Quadriennale romana, suscitando l’interesse della critica con i suoi butteri e i paesaggi maremmani.
Nel 1935 si reca a Parigi, si inserisce nel clima artistico della città e conosce De Chirico e De Pisis.
Nel 1937, tornato in Italia, si trasferisce a Milano dove aderisce al gruppo del Pesce d’Oro con Salvatore Quasimodo, Francesco Messina ed altri artisti e intellettuali. Giò Ponti gli commissiona un grande pavimento in ceramica presentato all’Esposizione Universale di Parigi, nel padiglione italiano, in cui sono presenti anche Severini e Campigli.
Nel 1941 gli viene conferita per ‘chiara fama’ la cattedra di Pittura all’Accademia di Venezia e poi a quella di Roma.
Alla fine della guerra viene nominato deputato provinciale di Viterbo e dedica particolare attenzione al patrimonio storico artistico della Tuscia, distrutto dai bombardamenti.
Nel 1946 entra a far parte del comitato organizzativo della Biennale di Venezia, istituendo due premi artistici, il “Premio Colomba” e il “Premio Acquisto”.
Dal 1955 è a Parigi dove viene nominato Addetto Culturale per le Arti Plastiche e Figurative presso l’Ambasciata italiana, nel 1962. Intraprende un’energica attività di valorizzazione degli artisti italiani all’estero con pubblicazioni, esposizioni e convegni in tutta la Francia.
Nel 1967 rientra a Roma, dove, oltre ad insegnare, si occupa di critica d’arte sulle pagine di importanti riviste.
Nel 1972, dopo il terremoto che ha sconvolto la città di Tuscania, si adopera per la rinascita del centro storico.
Negli anni successivi continua ad occuparsi della valorizzazione del suo territorio natale e a dipingere cavalli e paesaggi maremmani dal saldo impianto monumentale, profondamente legati alla tradizione quattrocentesca, con un linguaggio sintetico e antinaturalistico.
Muore nel 1990.